S P A R T A C V S
Nel 73 a.C.
un gruppo di trenta o forse settanta gladiatori della scuola di Lentulo, a Capua, si
ammutinò e fuggì sul Vesuvio. Presto il plotone si ingrossò e scelse come capi
Spartaco, Crisso e Enomao.
Spartaco era un Trace; poco si sa di lui; lo storico Appiano
riferisce che era addirittura un soldato romano; poi divenuto prigioniero e schiavo. Floro
invece racconta che Spartaco fu un mercenario, e poi soldato, disertore, bandito e infine
gladiatore. Molti schiavi fuggirono e si unirono al gruppo di Spartaco, talvolta dopo aver ucciso i
padroni, o condussero i rivoltosi alle loro proprietà. La maggior parte degli schiavi era
di provenienza italica, ma molti erano Galli, Traci o Germani. Iniziarono con incursioni
in Campania, e si impadronirono di parecchie città. Molte città italiche rifiutarono di sostenere i
ribelli, e in quei casi presero le città con la forza.
All'inizio le autorità non
presero sul serio la rivolta, e giudicarono quel bellum servile indegno dell'invio di
una vera legione, così i ribelli poterono tenere in scacco le forze romane per diverso
tempo e furono liberi di mettere a ferro e fuoco il sud dell'Italia; successivamente si spinsero verso nord, sino a Mutina (Modena), dove
l'esercito degli schiavi sconfisse ancora l'esercito romano guidato da Cassio.
Spartaco
allora si diresse verso Roma, ma fu bloccato da Crasso, così fece un largo giro
attraverso il Piceno passando ad est di Roma, fino in Lucania. Pare che Spartaco
intendesse dirigersi verso la Sicilia, ma non riuscì a trovare i mezzi per attraversare
lo stretto, e rimase bloccato nella punta della penisola, vicino a Reggio. Crasso allora
tentò di bloccarlo costruendo una fortificazione da costa a costa, ma i ribelli, durante
una notte di tempesta, si avvicinarono al vallo e vi ammassarono terra, rami, fascine,
riuscendo a far passare un terzo del loro esercito.
Nel frattempo i Romani avevano compreso il pericolo della sedizione, e presero misure
drastiche. Crasso, per esempio, ricorse ad una punizione desueta, applicando la
decimazione (l'esecuzione di un soldato ogni dieci, scelto a caso) alle legioni che si
erano date alla fuga di fronte agli schiavi ribelli. Dopo un'altra sconfitta contro
Spartaco, Crasso fece uccidere 4.000 dei suoi soldati, commentando che dovevano avere più
paura del proprio generale che del nemico.
Pur se ignobile, pare che il sistema abbia
funzionato, poiché nella battaglia successiva i soldati attaccarono con veemenza un
esercito di 10.000 uomini, uccidendone due terzi. Altri schiavi furono uccisi in una
battaglia nei pressi del lago Lucano, ma la sfida finale avvenne vicino a Brindisi.
Plutarco racconta che prima della battaglia Spartaco uccise il suo cavallo, poiché se
avesse vinto, avrebbe potuto avere tutti i cavalli dei Romani; se avesse perso, sarebbe
stato inutile. Morirono 60.000 schiavi, solo 6.000 furono fatti prigionieri e crocifissi
lungo la strada da Roma a Capua.Il corpo di Spartaco non fu mai trovato.
Le rivolte degli schiavi furono frequenti negli anni dal 133 al 73 a.C. Nella metà del
secondo secolo ve ne furono parecchie: nel 132 e 104 in Sicilia (una rivolta che durò
sino al 99), e in effetti quella di Spartaco fu l'ultima grande rivolta degli schiavi.
La ragione è stata individuata nella grande massa di schiavi che era stata portata
in Italia dopo le guerre in oriente.
I Romani erano riusciti, con Pompeo e Cesare, ad
impadronirsi del lucroso commercio di schiavi del Mediterraneo, che può essere paragonato
al mercato del petrolio di oggi (gli schiavi erano energia). E il commercio fioriva: nel
più grande mercato dell'antichità, l'isola di Delo, venivano venduti sino a 10.0000
schiavi al giorno.
In Italia, questa improvvisa ed enorme immissione di mano d'opera a buon mercato
contribuì alla scomparsa del contadino/soldato che aveva fatto le fortune di Roma e condusse alla
concentrazione di enormi latifondi in poche mani, poiché i piccoli contadini non potevano resistere alla concorrenza delle grandi aziende degli
schiavisti. In queste grandi proprietà gli schiavi erano spesso tenuti in condizioni
pessime, e ciò creava un terreno fertile per le rivolte.
Sappiamo da Seneca che una volta a Roma
un senatore propose di far vestire una uniforme agli schiavi, ma l'idea fu abbandonata per prudenza, quando i patrizi si resero conto che gli
schiavi avrebbero potuto in quel modo capire quanto erano numerosi.