La Costruzione

Un modello dell’anfiteatro

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Piccole differenze
in alcuni particolari dell’edificio hanno convinto gli archeologi che la costruzione del Colosseo venne divisa in quattro cantieri corrispondenti ai quadranti dell’anfiteatro, ed affidata a quattro diversi appaltatori che portarono avanti i lavori simultaneamente. Chi sia stato l’architetto del Colosseo, come molti altri dell’antichità, è sconosciuto. Pare che il denaro necessario all’impresa sia giunto dal bottino delle guerre giudaiche e dal sacco di Gerusalemme.

L’iscrizione decifrata da Geza Alfoldy

Questa tesi, suggerita in un primo tempo dal buonsenso, è ora corroborata da uno studio sull’iscrizione nella figura qui sopra.
Sulla pietra, “sotto” l’iscrizione, sono ancora visibili i fori per il fissaggio di lettere di bronzo di un’iscrizione precedente, cancellata. Il prof. Geza Alfoldy dell’Università di Heidelberg, insieme ad archeologi italiani, ha decifrato il puzzle (vedi qui una spiegazione in inglese e qui il testo dello studio in tedesco) e ha concluso che la prima iscrizione recitava: Imp. T. Caes. Vespasianus Aug. Amphitheatrum Novum Ex Manubis Fieri Iussit, ovvero “L’Imperatore Cesare Vespasiano Augusto fece costruire questo anfiteatro col bottino di guerra”.

Il costo non è conosciuto, ma deve essere stato enorme: il francese Jacquier nel 1756 calcolò il costo del solo muro esterno. Tenendo conto della svalutazione ecc. il costo oggi sarebbe superiore ai 39 milioni di Euro.
Ma ci sono novità: il portale Instapro ha analizzato i più famosi monumenti al mondo e ha stimato quanto costerebbe costruirli nel 2019 con le tecniche a disposizione e i costi di oggi.
Colosseo 338 milioni di euro; 
Statua della Libertà, 1.1 milioni di euro
Cristo Redentore 1.3 milioni di euro 
Torre di Pisa  3.6 milioni di euro, 
Torre Eiffel 27.6 milioni di euro 
Piramide di Giza 780 milioni di euro 
Big Ben 200.000 euro

Circa l’uso di schiavi per la realizzazione dell’opera, non si può escludere che vi si sia fatto ricorso, ma la qualità della costruzione testimonia anche dell’impiego di manodopera specializzata ed esperta.
Una volta terminato il basamento, esso venne coperto con un pavimento in travertino, spesso in media 90 cm. Su questo pavimento di pietra si marcarono i riferimenti per i pilastri principali dei muri radiali, ed i blocchi di base dei pilastri vennero letteralmente ancorati al pavimento, con un perno e metallo fuso. 

I pilastri di travertino

Questo scheletro di pilastri venne alzato sino al secondo ordine e i pilastri furono collegati, alla sommità, da grossi arconi di mattoni bipedali, cioè dell’altezza di circa 60 centimetri, situati in modo da rendere possibile la costruzione di tante volte rampanti, che nel loro complesso costituiscono il grande imbuto o cavea destinata a sostenere le gradinate per gli spettatori. Diverse di queste volte sono ancora intatte, e si vedono nella foto dell’arena come si presenta oggi.

La costruzione dello scheletro di travertino sino al secondo piano permise ai costruttori di operare su diversi cantieri contemporaneamente sopra e sotto la cavea, coprendo quasi tutte le volte tra gli archi ma lasciandone alcune aperte per poter sollevare i carichi. Il riempimento tra i pilastri è stato ottenuto, per il piano terreno, con opus quadrato di tufo, e per il secondo ordine con conglomerato cementizio a paramento di mattoni semilateres.

Alcune fasi della costruzione

Infatti, le strutture in opus quadrato di tufo e quelle superiori in opera laterizia, di riempimento tra i pilastri di travertino e che insieme a questi costituiscono le pareti radiali dell’anfiteatro, si possono considerare come completamente indipendenti dai pilastri stessi e dagli arconi superiori, e quindi anche costruiti dopo di essi, in un secondo tempo. In generale, le diverse caratteristiche meccaniche dei materiali impiegati (travertino, tufo, laterizi e cemento) sono state sfruttate ottimamente nelle loro diverse qualità di resistenza, leggerezza, facilità di messa in opera. La combinazione di materiali diversi ha inoltre permesso di aumentare la resistenza e l’elasticità della struttura complessiva.

I blocchi di travertino erano collegati da grappe di ferro, che sono state rimosse da tempo ed hanno lasciato quei buchi che si notano dovunque; si è calcolato che vennero utilizzate 300 tonnellate di metallo solo a questo scopo.

Il muro visto dall’interno

Il muro superiore in travertino mostra che molti dei conci provengono da blocchi irregolari presi da altri edifici e lavorati solo sul lato esterno e sui lati di contatto (vedi foto sopra). Non si è sicuri se il muro sia stato costruito così per risparmiare tempo o se queste irregolarità dipendano da restauri successivi. Il muro perimetrale una volta era affiancato e sostenuto da una spessa cortina interna in laterizio, ed è un altro mistero come  riesca ancora a sostenersi senza il supporto della cortina di mattoni.

Concludo questa esposizione del metodo costruttivo con una citazione di Cozzo: “Questo procedimento tanto semplice, quanto evidente, ha consentito di giungere in modo rapidissimo alla costruzione del grande imbuto della cavea ed alla copertura dei secondo ordine di ambulacri; nello stesso tempo ha reso possibile costituire due vastissimi ordini di cantieri di lavoro sulla stessa superficie; un primo in basso completamente al coperto per lavorare anche in tempo di pioggia, ed un secondo in alto sopra il piano della cavea, per la costruzione della parte superiore dell’edificio. Nella parte coperta, ossia nei cantieri inferiori si sviluppavano tutte le numerose murature tra i pilastri di travertino, le volte rampanti delle scalee, le volte perimetrali di copertura dell’ambulacro terreno, gli intonaci e le opere decorative a stucco; nei cantieri superiori tutte le opere murarie, relative alla costruzione degli ultimi due ordini dell’anfiteatro, del podio, delle gradinate e la costruzione del portico ligneo terminale”.

Durante la costruzione del Colosseo fu realizzata nelle vicinanze anche una serie di edifici ausiliari, l’armamentarium (il deposito dove erano custodite e riparate le armi dei gladiatori), il saniarium (un locale per il ricovero e la cura dei feriti), lo spoliarium (dove venivano trasportati i corpi dei gladiatori uccisi per essere spogliati delle loro armature), il Summum Choragium (ove si preparavano scenari, macchinari, costumi e attrezzi per le scenografie degli spettacoli), i Castra Misenatium (gli alloggi dei marinai della flotta imperiale di Capo Miseno, distaccati a Roma e adibiti alla manovra del velarium).
In seguito Domiziano fece costruire le caserme/prigioni dove i gladiatori dimoravano e si allenavano, i Ludi. Alcuni erano riservati a categorie particolari di gladiatori e prendevano il nome dal loro luogo dì origine come il Ludus Dacicus e il Ludus Gallicus, mentre il Ludus Matutinus, in cui alloggiavano i venatores (i cacciatori) era così denominato perché le venationes si svolgevano tradizionalmente solo di mattina.

Il Colosseo presenta in conclusione eccezionali caratteri strutturali: eleganza formale, solidità della costruzione e genialità nell’organizzazione degli spazi (il sistema di ingresso ed evacuazione, gli spazi sotterranei utilizzati come retroscena).

La maggior parte delle informazioni in questa pagina proviene da G. Cozzo, Il Colosseo. L’anfiteatro Flavio nella tecnica edilizia, nella storia delle strutture, nel concetto esecutivo dei lavori, Roma, Palombi, 1971.

Un interessante studio dal titolo “Efficienza produttiva e qualità costruttiva. Problematiche tecnologiche, strutturali e di cantiere: l’esempio del Colosseo”, di Giovanni Manieri Elia, è disponibile qui.

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