Foreste

Il gusto dei Romani
per la riproduzione e l’imitazione del reale si esprimeva nelle venationes, parodia della vera caccia, ma vi erano degli spettacoli che superavano anche queste fantasie, ed erano tipici del sentimento dei Romani verso la natura. Nelle silvae, pittori, scenografi e registi ricostruivano un finto scenario nell’arena, con alberi e cespugli, tale da somigliare ad una foresta popolata da animali, che in questo caso non dovevano essere per forza massacrati.

Piazza Armerina, Villa romana del Casale. Particolare del mosaico pavimentale nel corridoio della Grande Caccia. Particolare con cattura di cervi. Il soggetto del mosaico rappresenta una grande battuta di cattura di bestie selvatiche per i giochi negli anfiteatri dell’impero a Roma: nessun animale viene infatti abbattuto ed i cacciatori usano le armi solo per difendersi.

Ai Romani piaceva la falsa riproduzione della natura, come è avvenuto e ancora accade a molte società urbane. Il pubblico del diciottesimo secolo amava i poemi pastorali, ed oggi la stessa attitudine si riscontra in alcuni programmi TV sugli animali che li rappresentano come attori in una specie di storia.  I Romani, o almeno i cittadini di Roma, avevano dimenticato la dura realtà della vita in campagna, e in un modo che oggi sarebbe bollato manierista e barocco, avevano una predilezione per i finti scenari.
Questo atteggiamento estetico ha un parallelo nella poesia, quando Orazio si lamenta della frenetica vita della città e ci racconta di quanto sarebbe piacevole starsene in una casetta in campagna, attizzando il fuoco nel caminetto, bevendo del buon vino e prendendosela comoda. Nerone riprodusse nella sua residenza diversi scenari:  un laghetto con finti villaggi marinari, ninfei, una falsa campagna con animali che vi scorrazzavano…,  e Adriano, nella sua enorme residenza vicino a Tivoli, si fece costruire copie dei più famosi edifici e meraviglie del mondo.

Un affresco pompeiano

Nella silva l’ambiente agreste era ricostruito con veri alberi, talvolta scavati e trapiantati con tutte le radici. Gli scenari, dai tempi dei Flavi sino ad Adriano, furono preparati accanto al Colosseo, nel Summum Choragium, che si trovava lungo la Via Sacra. Quando il Choragium fu demolito per fare posto al grande tempio dedicato a Venere e Roma, lo si ricostruì poco lontano, presso il tempio di Iside e Serapide, lungo l’odierna Via Labicana.
E’ facile pensare che gli scenari preparati nel Choragium, prima che questo venisse trasferito, fossero trasportati nei sotterranei dell’arena tramite una galleria, per poi spuntare all’improvviso da botole nell’arena e dispiegarsi facendo apparire la scena. Una volta approntato lo scenario, si liberavano animali di ogni tipo: orsi, cervi, struzzi, ippopotami ed elefanti circolavano tra gli alberi e i cespugli, a meraviglia e delizia del pubblico.

Una versione meno delicata della silva era la ricostruzione di un episodio mitologico, in cui “l’attore”, che era un condannato a morte, moriva in realtà sulla scena. In questo caso veniva riprodotto lo scenario del racconto mitologico, dove la fine dell’eroe – sbranato dalle fiere o bruciato vivo – era messa in scena ma al tempo stesso era terribilmente reale, essendo la vera morte di un uomo.

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