Iscrizioni

Le pietre parlano
Le storie che i marmi possono raccontare sono affascinanti. Scoprite comme gli studiosi hanno decifrato il significato di alcune iscrizioni trovate nel Colosseo.


Iunius Valerius Bellicius
… l’arena fu riparata ancora una volta tra il 417 e il 423 dal Praefectus Urbi Iunius Valerius Bellicius…
Come lo sappiamo ? E’ una storia interessante.
Quando l’arena fu sterrata nel 19° secolo, gli archeologi trovarono dei frammenti di una lunga iscrizione (CIL, VI, 32085) che commemorava le riparazioni effettuate all’anfiteatro dagli imperatori Teodosio II e Valentiniano III (imperatori dal 425 al 455). L’iscrizione, incisa su blocchi di marmo, consiste in una riga di testo ripetuta due volte tutt’intorno all’arena, di modo che gli spettatori potessero leggerla completamente da qualsiasi punto della cavea. Ci rimangono solo poche lettere dell’iscrizione (vedi foto a destra).
Peraltro l’iscrizione è stata incisa sopra una precedente scritta, cancellata. La scoperta di altri frammenti ed una lettura più attenta delle lettere cancellate ha permesso di decifrare buona parte del primo testo.
André Chastagnol, storico ed epigrafista francese, ha scoperto che alcune parole del testo Precedente potevano riferirsi all’epoca dei co-regnanti Onorio e Teodosio II (tra il 408 e il 423). Poiché questi imperatori sono definiti invictissimi e questa parola è utilizzata altrove nel 416-417 per celebrare la vittoria di Onorio contro i Vandali, è ragionevole pensare che l’iscrizione risalga a quegli anni.
E ancora: i frammenti delle parole “Vale-” and “-cius” sono stati attribuiti al nome del Praefectus Urbi Iunius Valerius Bellicius, l’unico di quei tempi il cui nome concorda con quelle lettere. E abbiamo anche altre informazioni: due iscrizioni menzionano lo stesso Valerius come quello che aveva riparato alcuni edifici della Prefettura.
La recente ricomposizione della parola “area” suggerisce che le riparazioni riguardavano anche l’area circostante, cosa che è confermata dai ritrovamenti archeologici del 19° secolo.
Altri dettagli dell’iscrizione sono ancora dibattuti, ma in sostanza i frammenti sono troppo pochi per poter decifrare altre parole.

Teodosio II

In ogni caso, la prima iscrizione non durò per molto. Dopo pochi anni i blocchi furono rimossi e riposizionati col secondo testo (CIL, VI, 32086-87) che commemorava ulteriori riparazioni (sappiamo che i blocchi furono effettivamente rimossi perché su alcuni di essi le lettere del nuovo testo sono capovolte rispetto al vecchio).
Come sappiamo, gli epigrafisti datano questa seconda iscrizione all’epoca di Teodosio II e Valentiniano III, cioè tra il 425 e il 455, quando erano rispettivamente imperatori dell’Impero d’Oriente e di quello d’Occidente, perché hanno ricostruito le parole della frase convenzionale: “Pro felicitate dd. nn. Theodosii et Placidi Valentiniani perpetuorum invictissimorum principum”, cioè “alla prosperità dei nostri signori Teodosio e Placido Valentiniano, principi sempre invitti”.
Nel testo si menziona anche un “Flavius Pa-“. Un Flavius Paulus fu Praefectus Urbi nel 438, così se è lui quello citato qui – come propone Chastagnol – potrebbe essere quello che più tradi riparò l’anfiteatro dopo un terremoto riportato nel 429. Ma potrebbe altresì essere un altro sconosciuto che più tardi riparò l’anfiteatro quando fu colpito da un altro tremendo terremoto nel 443, che distrusse molti edifici a Roma.
Sin’ora prevaleva quest’ultima ipotesi, ma le recenti scoperte la rendono menoprobabile.
In quest’ultimo caso Flavius Pa- potrebbe aver agito insieme al Praefectus Urbi Rufius Cecina Felix Lampadius, il quale è citato in un’altra iscrizione.

Valentiniano III

Rufius Cecina Felix Lampadius
Tra il 425 e il 450, forse dopo il terremoto del 443, Lampadius fece eseguire ulteriori lavori di restauro all’arena, al podium e alle gradinate, a sue spese, come ha lasciato scritto sul marmo. Questo è il testo:
Salv[is dd.]nn. (= dominis nostris duobus) Theodosio et Placido V[alentiniano Augg.(= Augustis duobus)] / Rufi.[us] Caecina Felix Lampadius v(ir) c(larissimus) [et inl(ustris) praef(ectus) urbi] / har.[e]nam amphiteatri a novo una cum po[dio et pulpito (?) et portis] / p[ost]icis sed et reparatis spectaculi gradibus [ex sumptu suo restituit(?)].

Conosciamo già la frase dd. nn. “Theodosii et Placidi Valentiniani“. Gli studiosi dibattono il preciso significato di p[osti]cis: porte di servizio? False porte per la fuga dei bestiarii dalle fiere? E vi è un altro quesito: nell’ottobre 444, un anno dopo il terremoto, Valentiniano III celebrò i suoi vicennalia (20 anni di regno).Come si sarebbe potuto riparare l’anfiteatro in così poco tempo?

L’iscrizione di Lampadio

Comunque, questa particolare iscrizione di Lampadio è importante perché è stata scolpita su una lastra di marmo che in precedenza recava un’altra iscrizione con lettere di bronzo.
I fori di fissaggio delle lettere nel marmo sono stati decifrati nel 1995. Si scoprì che l’iscrizione di bronzo commemorava la prima inaugurazione dell’anfiteatro da parte di Vespasiano, confermando che il Colosseo fu costruito col bottino delle guerre giudaiche ed il saccheggio del Tempio di Gerusalemme. Qui sotto trovate la vecchia iscrizione (a dire il vero ve ne sono due versioni leggermente differenti):

Messius Phoebus Severus

L’iscrizione di Messio Febo Severo

Un’altra iscrizione incompleta comemora i restauri fatti svolgere dal patrizio Messius Phoebus Severus nel 470 (CIL VI 32,091).

L’imperatore Antemio, nominato nell’epigrafe

An]themio p(er)p(etui)s Augg(ustis) Messius Phoe[bus Severus] / [v(ir) c(larissimus)] et inl(ustris) [p(raefectus)] u(rbi) patric(iu)s co[nsul ordin(arius) hare]nam(?) amphitheatri longi temp[oris 3] / [3 restitutam 3]TIE[3 fu]isset extinctum pro beatitudin[e saeculi
Qui gli epigrafisti hanno inferito che – sulla base della parola “extinctum” – il restauro dell’anfiteatro (e quindi degli spettacoli detestati dai cristiani) avrebbe potuto essere una posizione politica di Phoebus, il quale era un pagano, collaboratore dell’imperatore Antemio, che proprio in quell’anno 470 aveva scoperto un complotto per assassinarlo.

La lapide di Venantius Basilius

Decius Marius Venantius Basilius

Gli ultimi lavori di restauro menzionati sono quelli finanziati dal Praefectus Urbi Decius Marius Venantius Basilius dopo un terremoto: Decius Marius Venantius Basilius v(ir) c(larissimus) et inl(ustris) praef(ectus) urb(i) patricius consul ordinarius arenam et podium quae abominandi terrae motus ruina prostravit sum(p)tu proprio restituit
cioé: Decius Marius Venantius Basilius, insigne e illustre prefetto della città, patrizio, console regolare, restaurò l’arena e il podio che un abominevole terremoto aveva ridotto in rovine, a sue proprie spese.

Il problema qui è che ci sono stati molti senatori con lo stesso nome, consoli in diversi anni, ma non vi sono fonti che registrino un terremoto in quegli anni.
Così in genere Basilius è identificato col console del 484, sebbene vi fosse un altro console con lo stesso nome nel 508 durante il regno di Teodorico (454 – 526). Gli archeologi preferiscono attribuire questa iscrizione al secondo Basilius, in quanto ai tempi di Teodorico vi era una certa attenzione al mantenimento degli antichi edifici. Se sembra strano che non appaia l’usuale menzione del re, d’altra parte Venantius Basilius aveva pagato di tasca sua ….

La fonte principale per questa pagina è: Il Colosseo – AA. VV. – A cura di Ada Gabucci, Electa, Milano 1999

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