Per i giochi servivano migliaia di animali:
in occasione dell’inaugurazione del Colosseo se ne uccisero 9.000, e Svetonio afferma che 5.000 ne vennero massacrati in un solo giorno. Anche se queste cifre sono frutto di esagerazione, tuttavia leoni ed elefanti scomparvero dal Nord Africa, dopo secoli di caccia per rifornire gli anfiteatri.
La cattura ed il trasporto degli animali, in buone condizioni e per migliaia di chilometri, era un’impresa enorme: le fiere venivano cacciate per tutto l’impero, e l’attività della caccia, che all’inizio non era popolare nella cultura romana, divenne una attività tradizionale, almeno da quello che possiamo capire dai mosaici e dai dipinti del tardo impero. Inoltre, gli animali dovevano esere catturati vivi, e ciò rendeva la caccia ancor più pericolosa. Le bestie dovevano essere intrappolate, ingabbiate, qualche volta imbarcate su navi, sfamate sino a destinazione e mantenute in buono stato. Le grandi cacce divennero leggendarie, ed erano all’origine di molte storie intessute dalla immaginazione popolare. Questo spiega perché possiamo trovare ancora tante rappresentazioni, in mosaici e altrove, di spedizioni, catture, trasporti ed incidenti mortali.
Ai tempi della repubblica gli organizzatori dei giochi dovevano affidarsi alla collaborazione dei governatori dell’Asia o dell’Africa, che a loro volta facevano capo ai nativi per la cattura degli animali. Le autorità dovevano organizzare solo il trasporto a Roma.
Più tardi, in tempi imperiali, per via degli enormi costi da affrontare l’Impero organizzò un proprio sistema di approvvigionamento. Le legioni alla periferia dell’impero fornivano le risorse umane per la cattura degli animali, con speciali unità esentate dal servizio regolare e destinate a questo scopo. Le città lungo il tragitto dovevano garantire riparo e cibo per le bestie (alcune città protestarono contro quest’imposizione, che era divenuta un fardello molto gravoso, perché le scorte delle fiere se la prendevano comoda e soggiornavano nella stessa città per settimane e settimane). Alla fine del viaggio le bestie potevano riposare in appositi parchi, detti vivaria. Lanciani aveva scorto le rovine di un vivarium imperiale accanto al Castra Praetoria, più o meno dove oggi è la Biblioteca Nazionale, e pare che altri ve ne fossero nelle vicinanze di Roma, ad Ardea e Laurentum.
L’imperatore aveva il monopolio sul commercio di leoni ed elefanti, ma altre fiere erano fornite da mercanti privati. Da alcuni documenti risulta che durante il periodo di Augusto transitarono per il parco dell’imperatore circa 3.500 animali: 400 tigri, 260 leoni, 600 pantere, e altri animali di tutti i tipi: foche, orsi, aquile ecc. I costi erano spaventosi, tanto che in tempi difficili alcuni imperatori dovettero tagliare le spese, regalando gli animali a privati cittadini.