Il pubblico

Per i Romani
i giochi non erano solo un’occasione di svago, ma anche un momento in cui il popolo, le istituzioni e i poteri si incontravano. L’anfiteatro era il luogo ove le classi che componevano la società romana potevano incontrarsi e confrontarsi; la gente comune poteva vedere i senatori e – a Roma – addirittura l’imperatore! Valerio Massimo dice che – almeno sino al 560 a.C. – i senatori e i cittadini qualsiasi assistevano agli spettacoli insieme, in piedi. Già comunque, per speciali meriti, si potevano ottenere posti riservati: sappiamo che nel 490 a.C. Manius Valerius Maximus ottenne il diritto, valido anche per la sua discendenza, di sistemare il suo sedile personale in un particolare luogo del Circo Massimo.

Più tardi, l’approfondirsi della divisione tra le classi si riflesse nelle regole sulla rigida divisione dei posti nei luoghi di spettacolo.
Nel 194 a.C. Scipione l’Africano propose che i senatori avessero posti distinti dal resto, e nell’87 a.C. la Lex Roscia Theatralis assegnò ai cavalieri le prime quattordici file dei sedili nei teatri. Il popolo si indignò e vi si oppose strenuamente, così che alcuni ritengono che la legge fosse applicata solo ai teatri.
Alla fine tra il 20 e il 17 a.C. Augusto fece approvare la Lex Iulia Theatralis, che riordinò la materia stabilendo un posto per tutte le classi nei luoghi pubblici come teatri, anfiteatri e circhi. Vietò alle donne tutti gli spettacoli pubblici, e queste regole furono applicate in tutto l’impero.

La c.d. Gemma Augustea

Negli anfiteatri, nei circhi e nei teatri a ciascun rango era assegnato un settore di posti a sedere, e ciò costituiva un privilegio. Ovviamente i senatori godevano dei posti migliori, poi venivano i cavalieri, i militari, gli uomini sposati, i ragazzi e i loro pedagoghi, i non-cittadini, la plebe e, infine le donne. Queste regole valevano in tutto l’impero. Peraltro, data l’immensa popolarità dei giochi, l’arena divenne il luogo ove la gente comune poteva incontrare l’imperatore e persino rivolgersi a lui direttamente.

I giochi erano strettamente riservati ai cittadini (gli schiavi erano esclusi) e i biglietti non erano in vendita ma istituzioni, congreghe religiose, magistrature, fratellanze, sorellanze, compagnie, corporazioni, associazioni, leghe, unioni ecc. avevano i loro posti assegnati nell’anfiteatro, poiché avevano un ruolo e un rango nella società. Chi non rientrava nelle categorie di cui sopra si cercava un protettore che lo invitasse. Questo costume rimase stabile per molti anni, finché solo dopo il quarto secolo alcuni posti vennero contrassegnati con nomi di famiglie o di senatori.

Gli spettatori dovevano abbigliarsi adeguatamente: chi ne aveva diritto tirava fuori la toga, che si indossava solo nelle grandi occasioni. Coloro che non godevano di buona reputazione (bancarottieri e avventurieri) dovevano accomodarsi ai piani superiori con i plebei, ma nei tempi antichi potevano andarvi anche le donne non accompagnate. L’alcol era proibito, tanto che Lampridius criticava l’imperatore Commodo perché beveva assistendo ai giochi.

Il giorno dei giochi la gente arrivava molto presto, addirittura talvolta si dormiva fuori dell’anfiteatro. Per entrare si doveva produrre una tessera che riportava l’esatta posizione del posto: cuneus, gradus e locus (settore, fila e posto).
Per es., CVN III GRAD IV LOC I corrisponde a posto 1, fila 4, settore 3. Pare comunque che se uno spettatore si alzava perdeva il diritto al posto. Ciascun posto era identificato da un’incisione nel marmo. Il pubblico sedeva su tavole di legno piazzate sul sedile di marmo, ma l’elite poteva stare più comoda: i senatori all’inizio avevano dei cuscini, poi per loro furono ammesse sedie dette curuli, e i cavalieri ebbero diritto ai cuscini.

Lo stesso Colosseo è stato progettato tenendo conto della separazione dei diversi ranghi, sin dall’entrata e nella cavea. L’entrata a nord forse era collegata all’Esquilino da un portico, come suggerito dalle immagini su alcune monete. Un ampio passaggio portava direttamente da questa entrata al palco imperiale (pulvinar) sul podio. Un palco corrispondente sul lato opposto del podio era probabilmente riservato al Praefectus Urbi. Le entrate sull’asse maggiore portavano direttamente sull’arena.

I frammenti della Forma Urbis con il Colosseo

C’erano cinque ordini di posti (vedi mappa qui sopra): 

  • Il podium, con ampi e bassi gradini dove i privilegiati potevano piazzare le loro sedie personali. Riservato ai senatori, ai sacerdoti più importanti, ai clarissimi delle famiglie senatoriali, consoli, magistrati ecc.
  • il maenianum primum
  • il maenianum secundum imum (più in basso),
  • il maenianum secundum summum (in alto),
  • il maenianum summum in ligneis, detto anche porticus (si tratta del portico con sedili di legno, che la mappa della Forma Urbis non mostra).

Come esempio della divisione dei posti, uno dei documenti più importanti sono gli Acta, in altre parole le minute, del Collegio dei Fratres Arvales, che era un antico collegio sacerdotale di dodici membri, eletti tra i più alti ranghi, il cui compito originale era quello di offrire ogni anno sacrifici per la fertilità dei campi.

La trascrizione della lapide con gli Acta degli Arvales

96 dei loro Acta, incisi su lapidi, sono stati scoperti nei pressi di Roma. Negli Acta dell’80 d.C. si trova una minuziosa descrizione degli spazi riservati al Collegio degli Arvali nei diversi settori del Colosseo (in effetti, i posti erano occupati da clienti, amici e servi, poiché i dodici Arvali probabilmente occupavano i posti senatoriali). Il Collegio disponeva in totale di 130 piedi, corrispondenti a 37 metri. Considerando 30-40 cm per persona, gli Arvali potevano contare su 70-80 posti.
Molti frammenti dei sedili di marmo recano l’iscrizione della classe cui erano destinati. La maggior parte dei frammenti risale al III o IV secolo, e su molti di essi vi sono nomi di famiglie e di senatori che sono già conosciuti da altre fonti.
Alcuni frammenti recano solo il nome della famiglia, e pare che famiglie apparentate o vicine (oggi li chiameremmo clan) sedevano accanto, dimostrando il loro peso e la loro unità di fronte alla comunità riunita. Quando i sedili erano assegnati a una persona o famiglia diversa, l’iscrizione era rasa e il nuovo nome inciso sulla pietra. Una recente ricerca sui frammenti dimostra che uno dei sedili era forse assegnato a Iobius Philippus Ymelcho Valerius, forse lo stesso Valerio che fu console nel 521; ciò proverebbe che l’anfiteatro era ancora in uso nel VI secolo.

Il sistema degli ingressi, da AA.VV., Anfiteatro Flavio, Quasar, Soprintendenza di Roma

E’ stato studiato anche il sistema di ingressi e scale. La figura qui sopra mostra un quadrante dell’anfiteatro, con i cinque percorsi a, b, c, d, e, che si ripetono simmetricamente tutt’intorno all’edificio. I 12 percorsi “b” portano ai posti senatoriali inferiori, e 16 di quelli “d” ai posti senatoriali superiori. 20 percorsi “a” portano al maenianum primum e ai piani superiori. I 16 percorsi “c” e i 16 “e” portano al medesimo ambulacro del percorso “a”.
Così stando le cose, l’unica vera separazione fisica nei percorsi sarebbe stata quella tra i senatori e tutti gli altri. Poiché gli studiosi danno per scontato che vi fosse separazione tra le classi anche dentro l’anfiteatro, si è pensato che all’interno vi fosse un sistema di indicazioni e segnali, per far sì che gli spettatori raggiungessero il posto loro assegnato.

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