Materiali

Il travertino dona al Colosseo una sfumatura dorata

Per costruire l’anfiteatro
vennero utilizzati diversi materiali, tutti facilmente reperibili nelle vicinanze di Roma: il travertino delle cave di Tibur, oggi Bagni di Tivoli, per i pilastri principali, pavimento e facciata esterna  (per il trasporto del travertino venne costruita apposta una strada); blocchi di tufo per gli altri pilastri; laterizi per i pavimenti e i muri; cemento per le volte.

Il travertino è una roccia sedimentaria composta essenzialmente di calcite o aragonite precipitate da acque calcaree presso sorgenti, cascate, grotte, ecc. Di colore biancastro, giallino o rosato, ha una struttura a bande concrezionate, spesso con fossili, ricche di vacuoli. Utilizzato come materiale da costruzione, da pavimentazione e da rivestimento, è comune in Toscana, Umbria, Lazio, Marche. La pietra può resistere ad una pressione da 226 a 298 Kg/cmq, a seconda della qualità.

Il polyspastos, una macchina da costruzione di epoca romana (da Giuliani, l’edilizia nell’antichità)

Il tufo è una roccia prodotta dalla cementazione dei materiali ricaduti dopo un’eruzione vulcanica esplosiva, che forma coltri e strati frammisti a colate laviche. Di colore grigio, giallastro, verdastro o bruno, è utilizzato nella preparazione di cementi speciali e come pietra da costruzione (peperino, piperino). Pare che dopo i gravi danni riportati dalle strutture di tufo in seguito all’incendio del 217, per le riparazioni sia stato utilizzato un tipo di tufo detto Pietra Gabina, che è resistente alle fiamme.

Tipologie di laterizi

laterizi erano fabbricati con argilla impastata con acqua e spesso con sabbia, paglia o pozzolana fine. L’impasto veniva compresso a mano in una forma di legno. Messi ad asciugare al sole, dovevano essere rigirati spesso perché non si accartocciassero. Dopo, venivano fatti essiccare per parecchio tempo al coperto, in zona ventilata. Infine, appilati di taglio, cuocevano nella fornace a una temperatura sugli 800 gradi.  I laterizi così ottenuti, prodotti in formati standardizzati (mattoni pieni e forati, tegole ecc.), vennero usati come elementi strutturali in costruzioni murarie, come manti di copertura, come materiale di riempimento.

Il cemento è un materiale da costruzione consistente in un legante, prodotto per macinazione fine di calcare e argilla, miscelati e cotti (clinker). Reagisce con l’acqua formando un impasto, che, in un tempo variabile, indurisce fino a prendere la consistenza della pietra. Quando è con sabbia e ghiaia o pietrisco si chiama calcestruzzo. Il cemento romano (che a Roma si chiama comunemente malta) è composto di calce ottenuta per cottura e/o pozzolana. Al cemento erano mescolati pezzi di pietra, diversa a seconda dell’uso del cemento: le pietre venivano tenute a mollo per giorni prima di essere inserite a forza nell’impasto.

La malta è un impasto plastico di un legante (es. calce, cemento) con acqua (m. semplice) o con acqua e sabbia (m. composta), usato nelle costruzioni edilizie per la sua proprietà di indurire in aria (m. aerea) o anche sott’acqua (m. idraulica).

La calce è un cementante che i Romani ottenevano per cottura della pietra calcarea. Il carbonato di calcio, alla cottura libera anidride carbonica e resta l’ossido di calcio, detto calce viva. La calce viva immersa nell’acqua si spappola e diviene idrossido di calcio.
In termini chimici: Il carbonato di calcio CaCo3 alla cottura diviene CaO+CO2, cioè produce anidride carbonica Co2, che si libera come gas. Rimane il CaO; immerso in acqua, CaO+H2O diviene Ca(OH)2 ovvero  idrossido di calcio, o calce spenta.

Aggiungendo successivamente acqua alla calce spenta i Romani ricavavano:

  • il grassello, denso e untuoso, utilizzato come legante per il cemento;
  • il latte di calce, col 20-30% d’acqua, utilizzato per la tinta;
  • l’acqua di calce, limpida e disinfettante, utilizzata in medicina.

Una riproduzione del Polyspastos, a Brignoles (Francia)

Qualche parola in più sul cemento romano. I romani avevano due tipi distinti di malta cementizia. Uno era realizzato con semplice calce e sabbia di fiume, mescolate in un rapporto di tre parti di sabbia per una parte di calce. L’altro tipo usava la pozzolana al posto della sabbia di fiume ed era mescolata in un rapporto di due parti di pozzolana per una parte di calce. Non c’erano dubbi su quale fosse superiore: la malta pozzolanica. Pozzolana, la cenere vulcanica (pulvis puteolana in latino) prende il nome dalla zona di Pozzuoli presso il Golfo di Napoli, dove è stata trovata, ed è una sostanza davvero magica.
Vitruvio, ingegnere e architetto dell’imperatore Augusto, scrisse 10 libri di architettura e ingegneria. Alla pozzolana dedica un intero capitolo del suo secondo libro, affermando che “vi è anche una specie di polvere che per cause naturali produce risultati sorprendenti. Si trova nelle vicinanze di Baia e nelle campagne appartenenti alle città intorno al Vesuvio.
Questa sostanza, quando è mescolata con calce e macerie, non solo dà forza agli edifici di altro genere, ma anche quando se ne costruiscono dei pilastri nel mare, si solidificano sott’acqua. Gli scienziati oggi sanno esattamente cosa fosse la “polvere” di Vitruvio: cenere vulcanica, e i Romani ne avevano in prodigiosa abbondanza.
Qual è il segreto dell’ingrediente speciale? Iniziamo esaminando la moderna definizione tecnica di pozzolana, che è: un materiale siliceo o di alluminio che di per sé non possiede alcun valore cementizio, ma, in una forma finemente suddivisa e in presenza di umidità, reagisce chimicamente con l’idrossido di calcio a temperature ordinarie per formare composti dotati di proprietà cementizie.
Tradotto: utilizzando la cenere vulcanica al posto della sabbia fluviale nel loro calcestruzzo, i romani anticipavano il processo mediante il quale il moderno cemento Portland lega chimicamente la calce all’argilla attraverso l’applicazione del calore. Ma la pozzolana finemente suddivisa deve essere amorfa (vetrosa) per reagire chimicamente.
Come è stato possibile? Perché il vulcano aveva già riscaldato per loro la pozzolana! Nelle parole di Tim Dolen, un esperto di pozzolana e ingegnere civile ricercatore presso il Bureau of Reclamation degli Stati Uniti, “la pozzolana è stata calcinata dal vulcano”, consentendole di reagire chimicamente con l’idrossido di calcio nella calce spenta, senza bisogno di riscaldamento.

Qui sotto alcuni links sull’ingegneria romana e sui materiali impiegati:

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