Tempi moderni

Nei tempi moderni
lo studio del Colosseo è iniziato con Carlo Fontana, che intorno al 1720 eseguì il rilievo dell’anfiteatro e ne studiò le proporzioni geometriche. Gran parte del porticato al piano terreno era ormai interrato dai detriti accumulatisi nei secoli, e gli archi erano utilizzati anche come deposito di letame.

Un disegno di Carlo Fontana del 1725

Nel 1796 Napoleone invase l’Italia, sconfisse le truppe papaline e occupò Ancona e Loreto. Pio VI chiese la pace che fu firmata a Tolentino il 19 febbraio 1797. Però il 28 dicembre di quell’anno il generale di brigata  Mathurin-Léonard Duphot, che si era recato a Roma con Giuseppe Bonaparte e faceva parte dell’Ambasceria francese, rimase ucciso in un tumulto e ciò fornì un nuovo pretesto per invadere.
Il generale Berthier marciò su Roma, vi entrò senza opposizione il 13 febbraio 1798, proclamo la Repubblica Romana e pretese che il papa rinunciasse alla sua autorità temporale. Quattro giorni dopo, il 17 febbraio 1798, Berthier ordinò al papa di lasciare Roma entro tre giorni. Al suo rifiuto il papa fu arrestato e il 20 febbraio scortato dal Vaticano a Siena, e da lì alla Certosa di Firenze. Poi, passando per Parma, Piacenza, Torino e Grenoble, fu rinchiuso nella cittadella di Valence, capoluogo del Drôme nella Francia del Sud, ove morì sei settimane dopo il suo arrivo, il 29 agosto 1799.

Secondo un progetto dei francesi, il Colosseo doveva far parte di un enorme parco archeologico comprendente l’intero centro di Roma. Il monumento era in pessimo stato: i carrettieri lo usavano come rimessa, e per lungo tempo era stato un deposito di salnitro per una vicina fabbrica di polvere da sparo, ragion per cui al piano terra era stato ammassato del letame. Questi abusi danneggiavano le pietre e bloccavano i corridoi. Il terremoto del 1703 aveva provocato un ulteriore parziale collasso dell’edificio, ed in quella occasione le pietre furono utilizzate per costruire il porto di Ripetta.

Carlo Fea, che fece ripulire il Colosseo. Peraltro, i suoi sforzi per svuotare l’arena furono vani

Carlo Fea, Commissario delle Antichità, visitò il monumento e nel 1804 scrisse una memoria suggerendo di ripulire e liberare la struttura, eliminare il letame, riportare alla luce i gradini di entrata e di liberare tutto il primo corridoio. Fea sottolineò l’importanza di consolidare l’estremità a nordest, che minacciava di crollare. Una settimana dopo la presentazione della relazione vi fu un ordine dal Quirinale per rimuovere tutti gli abusi dal Colosseo.

Nel 1805 iniziarono i primi scavi, effettuati dagli architetti Camporese, Palazzi e Stern, con l’aiuto di Carlo Lucangeli, un artista del legno famoso per un suo modello del Colosseo, al quale serviva un preciso rilievo del monumento per la sua riproduzione.
I tre architetti presentarono ulteriori progetti per il consolidamento del Colosseo, proponendo di costruire uno sperone per bloccare il movimento laterale del muro esterno. L’idea fu criticata in nome delle qualità pittoresche e romantiche del rudere, che sarebbero state rovinate dal mostruoso rinforzo.

Una lapide che ricorda gli interventi di tre papi

Un certo Domenico Schiavoni, forse un capomastro assistito da un architetto, presentò una controproposta: suggerì di rendere uno sperone la stessa parte danneggiata, demolendo i piani superiori secondo una linea obliqua e murando alcuni archi. Questo intervento – dicevano – avrebbe prodotto l’effetto di un rudere naturale. I tre architetti inorridirono e rifiutarono recisamente la proposta: “La sfacciataggine di presentare un simile progetto al sovrano era sconosciuta persino ai tempi dei Vandali e dei Goti; sebbene fosse vero che piani del genere erano stati realizzati, almeno le devastazioni si facevano senza chiedere l’approvazione ed il finanziamento del governo”.

Gli architetti promisero che con la metà dei denari chiesti da Schiavone avrebbero messo in sicurezza il Colosseo “come speriamo, nella sua integrità e dichiarando a tutti quanto sono apprezzate oggi le belle arti e quanto ci sono care le preziose reliquie dell’Antica Roma. Queste sono opere che tutte le genti del mondo vengono ad ammirare e che ci invidiano. E’ chiaro che se quel tipo di operazione vandalica fosse stata approvata, sarebbe stato meglio lasciare le parti pericolanti nel loro stato naturale di rudere invece di intraprenderne la messa in sicurezza. In tal caso saremmo stati accusati almeno di non aver avuto i mezzi, ma mai di essere distruttori e barbari”.

Nel 1806, dopo un altro terremoto che danneggiò ulteriormente l’anello esterno, il progetto fu finalmente approvato. Una struttura di sostegno di legno aveva impedito il crollo dell’anello esterno, ma quando i lavori iniziarono si scoprì che le sue condizioni erano ben peggiori di quanto ci si attendesse, così si ritenne necessario costruire un muro per collegare lo sperone, il muro esterno e la struttura interna del monumento. In quell’occasione furono disseppellite le nicchie intorno al podium, parti dello stesso podium, l’entrata del cosiddetto passaggio di Commodo, parte delle fognature che corrono intorno all’anfiteatro e parte delle canalizzazioni del piano terreno. I portici, il terzo corridoio ed altri spazi vennero liberati dalla terra.


Nel 1809 e 1810 ricominciarono i lavori, anche con l’aiuto di forzati. Nel 1811 l’area a nord del monumento ed il lato nord dell’arena furono parzialmente scavati da Carlo Fea, ma nell’arena i lavori dovettero fermarsi alla profondità di 3 metri a causa di infiltrazioni di acqua della falda. Dal 1811 al 1813 si effettuarono delle riparazioni, e gli archi furono liberati dai muri che li chiudevano.
Nel 1814 l’autorità papale fu restaurata; l’amministrazione temporanea affidò a Luigi Maria Valadier, figlio del più famoso Giuseppe, un’indagine sugli ipogei, prima che l’arena fosse nuovamente ricoperta nel 1814 e le edicole della Via Crucis reinstallate.

Lo sperone Stern

Nel 1820, sotto Pio VII, si giudicò necessario rinforzare le estremità dell’anello esterno. Lo Stern costruì lo sperone in laterizi sul lato NO (lato Celio). Nel 1826 Leone XII fece costruire dal Valadier un altro sperone sul lato opposto, che è quello più famoso e fotografato dai turisti. Nel 1828 Antonio Nibby riuscì a svuotare tutti i condotti di scolo in superficie, e nel 1830 Luis Joseph Duc realizzò il primo rilievo dell’anfiteatro con metodi moderni.

Lo sperone Valadier in costruzione

Dal 1840 in poi, altri archi furono restaurati e ricostruiti sul lato del Celio (questi archi sono facilmente riconoscibili perché realizzati in mattoni) da Gaspare Salvi. Poi nel 1852 Luigi Canina restaurò il secondo anello di corridoi e ricostruì parte del Maenianum Summum in ligneis, dove intendeva riprodurre una sezione del colonnato usando elementi moderni. In questa occasione furono installati i tiranti che attraversano la facciata e la ancorano al muro retrostante. Leggete qui i particolari dell’intervento di Canina.

L’arena prima della demolizione delle edicole della Via Crucis, ca. 1870.

Nel 1870 Roma divenne la capitale del nuovo Regno d’Italia, ma i lavori per liberare definitivamente l’arena iniziarono solo nel 1874. Questa volta si liberò metà dell’arena dalla terra e dai detriti, e gli scavi raggiunsero il pavimento, che si rivelò essere in mattoni disposti ad opus spicatum. Si ritrovarono anche (vedi foto sotto) i resti ben conservati di un pavimento di legno posto a rialzo di quello in mattoni, forse perché nei sotterranei vi erano già infiltrazioni di acqua.

Nel 1875 si arrivò finalmente al pavimento sotto l’arena e si ritrovarono queste tavole di legno messe lì dall’antichità, forse a causa di allagamenti.

Questi scavi portarono alla luce molti ritrovamenti datati tra la fine del V e l’inizio del VI secolo. Fu in questa occasione che infine furono rimosse dall’arena le stazioni della Via Crucis, nonostante la fiera opposizione della Chiesa Cattolica, che la considerò una profanazione.
Anni dopo si scavò ancora sul lato nord, e alla fine l’intera facciata su quel lato fu liberata dai detriti che vi si erano accumulati per secoli. Anche la viabilità fu ridisegnata, con l’apertura di Via Claudia e Via degli Annibaldi. I lavori per l’installazione di fogne e condotte del gas condussero ad altre scoperte: l’area pavimentata intorno all’anfiteatro sul lato N, i cippi della zona di rispetto ed una strada.

Nel 1895 la valle fu ulteriormente sterrata, e intorno all’anfiteatro vennero alla luce 89 tombe datate da Diocleziano a Teodorico. Ulteriori restauri furono effettuati dallo Stato italiano nel 1901-1902, ma metà dell’arena rimase interrata per molti anni.

L’arena scavata a metà. Questa situazione rimase sino agli anni ’30

Durante il regime fascista il Colosseo fu utilizzato per raduni di propaganda, poiché si voleva collegare le passate glorie imperiali Romane con la nascita del nuovo impero fascista.

A fascist rally

Sfortunatamente il Sovrintendente Terenzio lamentò che capitelli e colonne erano rimasti danneggiati durante i raduni (guardate qui come veniva trattato l’anfiteatro durante i raduni politici e religiosi). Il Colosseo fu adattato ad ospitare raduni di massa: alcuni corridoi furono asfaltati, si costruirono scale di collegamento che modificavano la struttura originale. Una piccola sezione della cavea fu ricostruita nel 1933 (vedi foto), ma inaccuratamente: a quanto pare lì non vi erano sedili, ma ampi gradini per i subsellia personali dei Senatori.

I sedili ricostruiti

Negli anni ’30 anche il paesaggio circostante mutò radicalmente: la Velia, una sella che collegava l’Esquilino al Palatino, fu rasa a zero per la costruzione della Via dell’Impero, così che il Duce potesse vedere il Colosseo dal suo balcone di Palazzo Venezia.

La Meta Sudante

Via anche la Meta Sudante, che bloccava il passaggio sotto l’Arco di Costantino. Sull’altro lato fu allargata Via di San Gregorio, e negli anni ’40 si costruì la linea della metropolitana tagliando senza scrupoli le fondamenta dell’anfiteatro sul lato occidentale, e danneggiando i condotti di scarico delle acque, che adesso allagano i sotterranei in caso di eccezionali rovesci.

Nel 1938-40 gli scavi condotti da Luigi Cozzo raggiunsero nuovamente il pavimento, riportando alla luce le strutture degli ipogei. Cozzo demolì anche 567 metri cubi di strutture sotterranee che riteneva aggiunte alla costruzione originale nel corso dei secoli, e 1059 metri cubi di murature instabili. Il lato occidentale degli ipogei fu raggiunto nel 1939. Lì fu rinvenuto un mucchio di colonne, cadute dal portico superiore, e strutture della cavea. La piazza intorno fu completamente asfaltata, così che le auto potevano persino entrare nei corridoi e sotto l’Arco di Costantino.

Durante la Seconda Guerra Mondiale il Colosseo divenne un rifugio antiaereo e l’esercito tedesco ne fece persino un deposito di armi, tanto che ancora se ne trovano in occasione di scavi. Da allora sono stati effettuati molti interventi di minore entità, e nel 1978 iniziò il restauro di alcuni archi del lato NO.

Dopo la guerra il Colosseo è divenuto lo sfondo più famoso per le foto dei turisti, ma con l’aumento del traffico è anche la rotatoria più grande d’Europa. Negli anni ’70 il traffico fu finalmente bandito – almeno tra il Colosseo e l’Arco di Costantino – sebbene molti Romani vorrebbero vederlo definitivamente libero dal traffico, insieme alla zona dei Fori.

Ulteriori scavi delle fogne hanno fornito preziose informazioni sulla storia dell’anfiteatro, ed il restauro della facciata ha permesso di studiare l’entità dei restauri effettuati dopo l’incendio del 217.
Nel 1992 una banca privata ha finanziato una campagna di restauri che è durata sino al 2000. Nell’ambito di questi lavori è stata ripulita una sezione degli archi esterni.
Nel 1997 è stata compiuta una importante misurazione del monumento, con tecniche a raggi infrarossi e laser. Questa ricerca ci ha fornito indizi sulla deformazione delle strutture ed una mappa molto precisa dell’anfiteatro, e nel contempo ha riacceso una vecchia diatriba tra archeologi: il Colosseo è ovale o ellittico?
Altri importanti lavori iniziati nel 2013 – finanziati dal gruppo industriale Della Valle – hanno permesso di ripulire tutta la facciata e consolidarla. Si prevede adesso (2021) di ricostruire l’arena, anche a protezione degli ipogei esposti alle intemperie.

Fonte principale per questa pagina: Il Colosseo – AA. VV. – A cura di Ada Gabucci, Electa, Milano 1999

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